"Direct to Consumer", quando i marchi vanno direttamente dal cliente

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16/11/2017

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Ángela de la Vieja

C’era una volta in cui i confini tra i produttori e il canale di distribuzione erano molto chiari. I produttori progettavano e fabbricavano i prodotti, i distributori compravano questi articoli per venderli nei loro negozi e i consumatori finali li compravano. Semplice, lineare ed efficace.

Ma l’arrivo del commercio elettronico ha cambiato le regole del gioco e, nonostante abbia dato luogo a una generazione di distributori puramente digitali, il modello lineare del mondo fisico (da fabbricante a dettagliante e da dettagliante a consumatore) è rimasto inizialmente intatto.

Tuttavia, ai giorni d’oggi, in un ecosistema digitale fatto di innovazione tecnologica ed estremamente competitivo, questo modello lineare non funziona più tanto bene.

Da produttori a 'players' digitali

I consumatori hanno accesso illimitato alle informazioni e maggiori opportunità di confrontare prima di comprare. Possono confrontare aziende, prodotti e prezzi con un solo clic. Possono conoscere le opinioni di altri utenti, leggere le recensioni dei prodotti o vedere le valutazioni di altri acquirenti prima di decidere.

Con questo livello di possibilità e pretese da parte dei consumatori, i marchi iniziano a rimettere in discussione seriamente come dovrebbe essere la loro relazione con i distributori e se dovrebbero fare il passo di vendere direttamente ai consumatori: il Direct to Consumer Commerce o D2C.

Nonostante la vendita diretta da fabbricante a consumatore non sia una novità, lo è sì la scelta di tanti marchi di crearsi i loro personali siti di eCommerce per vendere direttamente agli acquirenti digitali.

Nike, per esempio, si è proposta di vendere direttamente ai suoi clienti 5.000 milioni di dollari di prodotti nell’anno 2015, arrivando però a vendere 6.600 milioni alla chiusura dell’anno menzionato, vale a dire 1.600 milioni in più del previsto. E gli obiettivi del gigante dell’abbigliamento e delle calzature sportivi sono ancora più ambiziosi: Nike vuole vendere con il Direct to Consumer eCommerce 16.000 milioni di dollari nel 2020. I dati dell’andamento dell’eCommerce potenziano quest’ambizione di Nike, come anticipano alcune pagine web quali Digital Commerce 360.

Pro e contro del Direct to Consumer eCommerce

Uno degli esperti che analizza lo scenario del Direct to Consumer eCommerce è Noam Schwartz de SimilarWeb, il quale etichetta questa tendenza come un movimento che cambierà rapidamente la configurazione del panorama delle vendite online.

Vi sono tre grandi ragioni alla base dell’attrattiva del Direct to Consumer eCommerce, riguardo alle quali tutti gli studiosi convengono: i margini e la catena del valore; la tecnologia e i dati; e il pubblico visto come risorsa.

  1. I margini e la catena del valore. Una delle chiavi del successo dei fabbricanti sta nel controllo e nella gestione della catena del valore completa che adesso fa il canale: distribuzione, logistica, forniture e pagamenti. Se si eliminano i distributori, si acquisiscono maggiori competenze sulla catena del valore e aumentano i margini; il che, in termini globali, ha molto senso per i fabbricanti su scala mondiale.
  2. La tecnologia e i dati. La tecnologia è alla portata di tutti e permette di accedere direttamente ai dati dei clienti. Questi dati, riguardanti il comportamento dei consumatori, permettono ai fabbricanti di comprendere meglio quali prodotti dovrebbero progettare, fabbricare e vendere. Inoltre, la tecnologia consente anche di analizzare la concorrenza digitale in modo molto preciso, monitorando i prezzi degli altri marchi, analizzando l’esistenza di altri ecommerce o comprendendo il comportamento delle vendite dei prodotti in qualsiasi canale di distribuzione digitale.
  3. Il pubblico visto come risorsa. Che il pubblico sia la risorsa principale per qualsiasi marchio è un’idea condivisa da tutti i responsabili di marketing, ma può trasformarsi in realtà solo se si instaura una connessione diretta e senza intermediari con i clienti. I fabbricanti sono consapevoli che, per il futuro del business, non c’è niente di tanto decisivo quanto avere il controllo sulla relazione con i consumatori.

Ma, a quanto pare, non vi sono solo vantaggi. Pur avendo un prodotto eccellente, i compratori non vanno in massa a comprare su un sito di ecommerce. Per realizzare un Direct to Consumer eCommerce è necessario effettuare un cospicuo investimento di capitali, risorse umane, marketing, comunicazione e tecnologia.

I grandi fabbricanti non si lasciano scoraggiare dai grandi investimenti, soprattutto se pensano ai consumatori che si aspettano un’esperienza di shopping perfetta. Quando un fabbricante è presente, dal primo contatto con un potenziale cliente fino a che questo diventa cliente vero e fedele al marchio, questi può offrire in ciascun momento di contatto un’esperienza unica, che un distributore non potrebbe invece dare.

E questo è possibile solo se si controlla tutto il processo nel complesso, optando per il Direct to Consumer eCommerce.

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