

La vendita digitale e i prezzi dinamici hanno aperto un’importante stagione in materia di guerra all’insegna della competitività. E questo condiziona tutte le parti coinvolte nel mercato: marchi, e-commerce e consumatori. In questo frangente, vogliamo trattare il modo in cui la guerra dei prezzi condiziona settori che coprono un’ampia varietà di prodotti, fra i quali si trovano quelli di base e di prima necessità. In questo articolo, parleremo della guerra dei prezzi nei settori della bellezza, dell’igiene e della profumeria.
Ai giorni d’oggi, siamo più che abituati a veder sorgere nuove catene di profumerie low cost, con vendita fisica e online, con una gamma quasi infinita di prodotti e, in molti casi, pioniere nell’includere prodotti innovativi ed estranei ai loro cataloghi. Ad ogni modo, tutte fanno capo alla stessa massima: creare una specie di drugstore con un gran peso in tema di bellezza, igiene e profumi, che abbia sempre i prezzi più economici sul mercato.
Inoltre, queste catene devono lottare sempre più contro nuove private label o marche private, rafforzate dai negozi stessi. È il caso del Carrefour o della Lidl, che da qualche anno investono più che mai nei loro propri prodotti di igiene e bellezza, arrivando persino a ottenere premi di qualità, come nel caso della crema per il viso della Lidl.
Essendo tutte avvolte da questo paradigma, risulta imprescindibile tenere in conto tre aspetti: la filosofia del marchio di ciascun prodotto, l’immagine del retailer e la percezione da parte degli stessi utenti.
La guerra dei prezzi nel settore della bellezza è caratterizzata da una situazione di sconti continui, offerte di tipo 3x2 a qualsiasi ora e pacchetti promozionali che trovano il loro riflesso nelle mid season sales degli e-commerce di moda. Qual è l’impatto di questo costante ribasso dei prezzi? Nel Regno Unito, nel 2016, solo sommando i quattro pilastri in materia di supermercati (Tesco, Sainsbury’s, Asda e Morrisons), 800 milioni di sterline sono andati perduti.
Ad ogni modo, la gravità della questione risiede nella grande distopia che questa guerra dei prezzi presuppone per gli utenti. Ed è che con la percezione che c’è chi vende lo stesso prodotto a un 30% o persino un 50% in meno rispetto ad altri e-commerce, come potrebbe non fare una cattiva impressione chi vende a un prezzo più ‘giusto’?
Talvolta, questi shop (quelli che riescono a vendere i prodotti a un prezzo che per altri implicherebbe quasi solo recuperare i costi) hanno un vantaggio extra: l’investimento iniziale. Costi fissi più bassi sin dall’inizio, acquisti senza dazi da contratto e la possibilità di comprare in grandi quantità che permette loro di ottenere accordi unitari migliori. Questo è un chiaro vantaggio competitivo rispetto al resto dei negozi, che ha a disposizione meno possibilità e, pertanto, non ha margini sui quali agire.
Di fronte a questa situazione, vi sono due punti fondamentali: le misure degli stessi marchi affinché i propri prodotti non possano essere scontati o messi in promozione in alcun modo (qualcosa che caratterizza gli e-commerce con marchi del settore del lusso); e l’adozione di una strategia dei prezzi dinamici a medio termine.
Da una parte, la collaborazione degli stessi marchi per combattere la guerra dei prezzi incoraggia una stabilità nel settore e la presa di decisioni da parte dei consumatori. Questi continuano a porsi come referente e rifiutano nettamente l’invito a partecipare a questa lotta che sfocia nel low cost.
D’altra parte, gli e-commerce e gli shop che riescono a mantenere una strategia equilibrata, giusta nelle sue cifre e nella spesa da parte degli utenti, diventeranno, poco a poco, l’opzione prediletta dagli acquirenti. Fiducia e sicurezza saranno i due valori fondamentali del business, di fronte a un’ondata di prezzi “cangianti” e sempre più bassi, che possono essere percepiti come di bassa qualità.
Al momento, la guerra dei prezzi nel settore dell’igiene e della bellezza sembra dover durare ancora per qualche anno. Tuttavia, vi sono esperti che alludono a questo fenomeno come a una bolla alimentata da un nuovo concetto che incorpora il potere dei profili di tendenza, gli stessi influencer per esempio. Tuttavia, per attenuarne l’effetto, è sufficiente massimizzare il buon senso ed essere fedeli all’impegno del marchio, tanto rispetto agli utenti quanto rispetto alla sua stessa linea di business.
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